Sfogliando il libro di Don Gian Franco Belsito, della "Via Crucis le sculture di Antonio Gaglianone nella chiesa di Belvedere Marina", la Santa Pasqua è ancor più viva in mezzo a noi.
Si tratta di
un testo agile dal quale, è bene
sottolinearlo, emerge un pezzo di storia del proprio territorio: Belvedere Marittimo, grazie a questo testo curato da Don Gianfranco Belsito
attuale parroco della comunità della Marina, inserisce un altro
importante tassello in cui arte e storia si intrecciano, offrendo un
grande contributo all'identità di un popolo.
L’opera dello scultore belvederese
scomparso nel 2007, è ancora poco conosciuta al pubblico in quanto fatta installare dallo stesso Don Gianfranco solo
di recente nell’Aula liturgica della chiesa Maria Santissima del Rosario di
Pompei, sita nella Marina di Belvedere Marittimo. La Via Crucis è molto particolare nella sua composizione - diciassette le formelle anzichè quattordici o quindici come nella tradizione - a proposito della quale l'autore precisa testualmente: "La mano di Don Erminio è chiaramente rinvenibile nella
introduzione di tre stazioni che normalmente non sono inserite nello schema
classico della Via Crucis: il “Bacio di Giuda”, l’Ecce Homo” e “Oggi sarai con
me in paradiso”.
Ma sono tante e interessantissime le spiegazioni a proposito di quest'opera e dell'arte più in generale.
Ma sono tante e interessantissime le spiegazioni a proposito di quest'opera e dell'arte più in generale.
Le
sculture di Antonio Gaglianone nella chiesa di Belvedere marina
curato da Don Gianfranco Belsito, attuale parroco della comunità, è una lettura
ricca di particolari davvero interessanti.
Pur essendo stata commissionata
dal primo parroco della comunità, Don Erminio Tocci, non fu collocata in tempo
dal suo successore, Don Silvio Rumbolo, perché la morte lo colse in modo
improvviso e inaspettato e, a chiesa rifatta ma non completamente allestita, le
formelle di terracotta restarono, quasi nell’oblio, in attesa di sistemazione.
La via
Crucis possiede dunque una storia del tutto originale in cui il valore didattico
e rappresentativo consegnano l’opera d’arte col suo messaggio evangelico,
direttamente al popolo, grazie alla simbologia della morte che prelude la
Pasqua, sono questi significati altamente incisivi. Infatti la contrapposizione
fra la bruttezza della morte e la bellezza della resurrezione è lo sfondo sul
quale arte e vita si sovrappongono ed emergono in forma di amore.
In quanto poi al numero delle formelle,
diciassette, esso rivela la discordanza con la tradizione, voluta
da Don Erminio Tocci. In tale difformità - le stazioni com’è noto, sono
solitamente 14 - risiede l’originalità
stilistica dello scultore, in coerenza con il committente, ed interpreta e
illustra tratti e volti della nostra
terra. Tratti e volti che, anch’essi, rappresentano una sacralità in cui,
finalmente, la collettività prevale sull’individualismo, una collettività sofferente e sopraffatta ancora dai soprusi e dal
malaffare, che affoga nel silenzio. E questo dimostra quanto l’artista
belvederese fosse fortemente radicato al territorio.
Adriana Sabato
Adriana Sabato
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