È un percorso aperto, l’ascolto del disco di Danilo Guido.
Un percorso aperto ma anche intimo e rarefatto in cui il gesto sonoro si materializza dal nulla e lavora sull’animo. Sul respiro, sul soffio vitale dell’uomo narrante, attraverso la musica, il senso del tempo.
Come in un caleidoscopico scambio, si alternano i timbri e i colori sonori. E alterano, oniricamente, l’immaginazione di chi ascolta.
Un mondo sonoro variegato nel quale Danilo, mentre costruisce gioca, mentre manipola gioca, mentre compone gioca, in un continuum mai fine a se stesso, nel quale domina invece la ricerca del suono.
La materia sonora prende vita. Ed è un equilibrio fra ciò che era e ciò che è, ciò che non è e ciò che potrebbe invece diventare.
Spogliata da ogni convenzione, elaborata da mani sapienti, la materia sonora riconduce in luoghi sonori ancestrali.
Un percorso aperto ma anche intimo e rarefatto in cui il gesto sonoro si materializza dal nulla e lavora sull’animo. Sul respiro, sul soffio vitale dell’uomo narrante, attraverso la musica, il senso del tempo.
Come in un caleidoscopico scambio, si alternano i timbri e i colori sonori. E alterano, oniricamente, l’immaginazione di chi ascolta.
Un mondo sonoro variegato nel quale Danilo, mentre costruisce gioca, mentre manipola gioca, mentre compone gioca, in un continuum mai fine a se stesso, nel quale domina invece la ricerca del suono.
La materia sonora prende vita. Ed è un equilibrio fra ciò che era e ciò che è, ciò che non è e ciò che potrebbe invece diventare.
Spogliata da ogni convenzione, elaborata da mani sapienti, la materia sonora riconduce in luoghi sonori ancestrali.
Adriana Sabato
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