"Sta per iniziare l’ultima settimana della quarta campagna di indagini archeologiche nel Foro di Blanda,
sul colle del Palecastro. Lo scavo, di cui è concessionario
ministeriale il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne
dell’Università degli Studi di Messina, sotto la direzione scientifica
del sottoscritto, affiancato per il coordinamento sul campo dal dott.
Marco Sfacteria, ancora una volta ha offerto importanti risultanze
scientifiche.
Come già anticipato, il sito di Blanda, centro lucano fortificato poi divenuto colonia Iulia alla fine del I sec. a.C., è rimasto in vita sino all’età di Alarico come importante centro amministrativo dell’area del golfo di Policastro.
Nel settore area 1000, ad ovest del Foro della città romana, sono emersi importanti elementi relativi ad una fase arcaica, sulla quale si impostano le strutture romane, edifici posti a nord della plateia A, a ridosso dell’ingresso. I livelli intercettati contengono ceramica indigena di una fase precedente le prime attestazioni delle necropoli arcaica di Tortora, collocabili a partire dal 540 a.C. ed in coincidenza con la fondazione di Velia; a questi livelli si associa per la prima volta anche il bucchero etrusco. Insomma nella prima metà del VI sec. a.C. sul Palecastro di Tortora si stabilisce con tutta evidenza la prima comunità indigena del golfo di Policastro e del Tirreno cosentino, scesa dalle aree interne del Vallo di Diano attraverso la vallata del fiume Noce, alla ricerca di contatti commerciali con gli Etruschi, con l’area etrusco-campana e con i Greci. Tale comunità si stabilisce sul Palecastro già prima dello sviluppo del sistema insediativo indigeno e poi greco nell’area del golfo.
Come già anticipato, il sito di Blanda, centro lucano fortificato poi divenuto colonia Iulia alla fine del I sec. a.C., è rimasto in vita sino all’età di Alarico come importante centro amministrativo dell’area del golfo di Policastro.
Nel settore area 1000, ad ovest del Foro della città romana, sono emersi importanti elementi relativi ad una fase arcaica, sulla quale si impostano le strutture romane, edifici posti a nord della plateia A, a ridosso dell’ingresso. I livelli intercettati contengono ceramica indigena di una fase precedente le prime attestazioni delle necropoli arcaica di Tortora, collocabili a partire dal 540 a.C. ed in coincidenza con la fondazione di Velia; a questi livelli si associa per la prima volta anche il bucchero etrusco. Insomma nella prima metà del VI sec. a.C. sul Palecastro di Tortora si stabilisce con tutta evidenza la prima comunità indigena del golfo di Policastro e del Tirreno cosentino, scesa dalle aree interne del Vallo di Diano attraverso la vallata del fiume Noce, alla ricerca di contatti commerciali con gli Etruschi, con l’area etrusco-campana e con i Greci. Tale comunità si stabilisce sul Palecastro già prima dello sviluppo del sistema insediativo indigeno e poi greco nell’area del golfo.
Le indagini hanno interessato anche l’area del Foro
della città romana, dove è stato indagato un altro segmento di portico
nel settore nord-orientale, a ridosso del tempio E, mentre l’indagine
all’ingresso del Foro, a sud della plateia A, ha evidenziato la
presenza di altre strutture abitative (?) e di un sistema di
canalizzazioni che faceva riferimento ad una grande e profonda cisterna
di forma rettangolare in malta idraulica, rinvenuta ingombra di tanto
materiale relativo al suo abbandono collocabile alla fine del I sec.
d.C.
La
forte collaborazione tra Enti, in primis il comune di Tortora, che
garantisce ospitalità e supporto logistico, la Soprintendenza
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro,
Cosenza e Crotone, con i suoi funzionari (dottori Marino e Barbato) ed
il Soprintendente (dott. Pagano), che anche quest’anno non hanno fatto
mancare la loro presenza ed il loro costante supporto, ha prodotto
risultati incredibili, proiettando il sito di Tortora alla ribalta
regionale, in attesa di poter inaugurare a breve il Parco archeologico,
di recente completato, e nuovi allestimenti museali.
Prof. Fabrizio Mollo
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