Non
volevo fare lo sbirro, non suona tanto strano questo diniego
iniziale che è anche il titolo del romanzo di Gianni Gallo con Fabio
Pietrosanti. Non lo è perché lo sento vicino al mio personalissimo diniego a continuare
ad occuparmi di cronaca. Non intendo certo tediare nessuno, solo cercare di
spiegare quanto possano essere tanto simili quanto difficili, le situazioni che
accomunano il cronista e il poliziotto. E dunque cercare di compenetrarmi nelle
storie. Storie narrate con molta veridicità da Fabio Pietrosanti che, a suo
dire, temeva esattamente il contrario ottenendo invece un riscontro immediato da
parte dei lettori nella stesura di questo avvincente romanzo. Storie violente,
certo, ma dietro alle quali si cela l’umanità con tutte le sue perversioni e di
fronte alle quali – ce lo poniamo spesso in questi ultimi tempi – solo uno è il
dilemma: perché?
Non solo perché l’essere umano compie alcune azioni ma soprattutto perché molti altri ne seguono l’esempio oppure addirittura emulano chi lo fa. E senza scomodare la psichiatria, mi basta pensare alla legge eraclitea degli opposti per comprendere qualcosa di molto importante ossia che l’ordinaria straordinarietà citata in prefazione da Fabio Pietrosanti è in realtà qualcosa di incomparabilmente prezioso, forse il dono più grande che un professionista o semplicemente un uomo possa avere. E questo, in tempi tanto “oscuri” come quelli in cui – incredibilmente - ci ritroviamo a vivere, non è cosa da poco.
Adriana Sabato
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