BELVEDERE
La presenza del patrimonio mafioso
condiziona il territorio e impedisce la libertà d’impresa generando un
danno economico che necessita di essere contrastato.
Ecco perché oltre al processo e alle condanne,
nella strategia di contrasto alla criminalità organizzata, ciò che si deve colpire è il patrimonio del potere mafioso,
attuarne non solo la confisca, ma anche il suo riutilizzo in termini sociali.
Sono
i punti fondamentali di un percorso di formazione, facente capo a “Libera”, esposti e sviluppati nel
corso del Seminario di formazione tenutosi a Belvedere Marittimo, sabato 11
novembre nel Salone Don Silvio, dal referente regionale Don Ennio Stamile e da Giovanni
Serra, cooperatore e relatore nell’ambito dell’evento.
Temi forti, intenzionalità positive perché,
“il contrasto alle mafie e alla corruzione non può reggersi solo
sull’indignazione: deve seguire la proposta e il progetto”.
Il
progetto per l’appunto. Quello di istituire un nuovo presidio di Libera sul Tirreno cosentino, che è
stato preceduto da un primo incontro, tenutosi in luglio
presso Palazzo Gabriele Marino a S. Maria del Cedro, in cui era stato
preannunciato il percorso di formazione partecipata, a cui sono invitati
cittadini ed associazioni del territorio.
Nata nel 1995, “Libera è una rete di
associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati,
diocesi e parrocchie, gruppi scout, coinvolti in un impegno non solo “contro” le mafie, la
corruzione, i fenomeni di criminalità e chi li alimenta, ma profondamente “per”: per la giustizia
sociale, per la ricerca di verità, per la tutela dei diritti, per una politica
trasparente, per una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, per una memoria
viva e condivisa, per una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle
speranze della Costituzione”.
Alcuni numeri: A Scalea sono trenta i
beni da destinare e sette da destinare. A San Nicola Arcella quarantasette da
destinare. A Belvedere Marittimo quarantasette da destinare: ecco il link da
consultare https://openregio.it/statistiche
<<I beni confiscati devono essere
riutilizzati: non farlo rappresenterebbe una sconfitta per lo stato, sia simbolicamente
sia nel concreto, si verrebbe cioè a creare un danno economico territoriale persistente,
ha precisato Giovanni Serra. Allora una delle prime azioni di Libera è stata
proprio quella di promuovere l’approvazione della legge Rognoni La Torre 109/96
che sancisce la riutilizzazione del bene confiscato.
Gestire
un bene confiscato è una cosa da fare insieme, la mentalità privatistica, ha
ancora precisato Serra, non serve a nulla, è necessaria la mentalità del “noi” perché è la società del “noi” che ci tutela
e fa sì che l’intimidazione e la paura del potere mafioso perda la sua
efficacia.
In
virtù di questo principio il Comune,
ad esempio, può affidare in concessione un bene confiscato ad un ente del Terzo
settore, ad Enti no profit, ed il tutto necessita di procedure ben definite,
come il bando. Il bando è la
procedura che dovrebbe realizzare l’assegnazione attraverso una progettazione
partecipata.
Il Comune da parte sua
deve pubblicare
sul suo sito l’elenco dei beni confiscati nel proprio territorio e il cittadino
può eventualmente sollecitare a farlo, realizzando così il meccanismo della cittadinanza
attiva, che in questo modo vigila e monitora la situazione. >>
<< I segni di speranza, ha
concluso Don Ennio Stamile sono sotto i nostri occhi, basta saperli riconoscere. Occorre più formazione ed
informazione al riguardo da parte del mondo associativo in genere e politico in
particolare. >>
Don Ennio
Stamile guiderà anche in seguito la formazione accompagnando tutti in questo
percorso di legalità. Adriana Sabato
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